Il mito di Perseo

Il mito di Perseo è uno dei più ricchi e articolati della letteratura greca in cui si ritrovano i molti sentimenti che smuovono l’animo umano: coraggio, amore, rabbia, vanità… Tutto ha inizio con Zeus.
Fra le tante conquiste del re degli dei, con le incredibili trasformazioni alle quali il dio era costretto per sfuggire al controllo della gelosissima (e a ragione…) moglie Era, una delle più suggestive è quella riguardante la bellissima Danae, figlia di Acrisio, re di Argo.


La Storia
(da Wikipedia, l'enciclopedia libera)


Perseo, Andromeda e Ceto, vaso corinzio, Altes Museum (Berlino)


Pèrseo (latino: Perseus) è un eroe argivo della mitologia greca, figlio di Zeus e di Danae, quest'ultima figlia di Acrisio, re di Argo.
Attraverso la madre discende da Linceo e Ipermestra, perciò da Danao e da Egitto.
Il bisnonno Abante, re dell'Argolide, nella sua giovinezza, era stato un guerriero così temuto che, dopo aver avuto la meglio sui tanti nemici, anche negli ultimi anni di vita riusciva a terrorizzare gli avversari solo mostrando le proprie poppe custodite nel palazzo.
Abante sposò Aglaia e dalla loro unione nacquero due gemelli: Preto e Acrisio.
Ma i due fratelli non si amavano ed erano sempre in lotta fra loro.
Si dice anzi che l'invenzione dello scudo sia dovuta a questi due irriducibili nemici che avevano iniziato le contese fin da quando si trovavano ancora nel grembo materno.
Infine, dopo una lunga lotta, Acrisio ebbe la meglio e cacciò il fratello, il quale partì per la Licia, dove sposò Antea, la figlia del re Iobate.
Quest'ultimo riportò Preto in Argolide, e lo insediò a Tirinto.
Così Preto e Acrisio, eredi del regno dell'Argolide, si disputarono il diritto di regnare: Abante in un primo tempo riuscì a stabilire dei turni, ma poiché le contese per la supremazia continuavano, si addivenne alla spartizione del regno: Acrisio avrebbe avuto Argo e Preto Tirinto.
Preto, temendo un attacco del nemico, e sopratutto del fratello, fece realizzare (dai Ciclopi) un'opera di fortificazione immane: essi circondarono la città con un muro di pietre grandissime, che nessun mortale sarebbe mai riuscito a muovere.

Indice


Il mito di Perseo
(indice)



Danae e Perseo rinchiusi nella cassa, 1862, olio su tela, di John William Waterhouse


Nascita e infanzia

(indice)
Ad Argo, Acrisio, nonno di Pèrseo, temeva per le sorti del proprio regno perché, avendo avuto dalla moglie Aganippe una sola figlia femmina, Danae, in assenza di eredi maschi non sapeva a chi avrebbe trasmesso il titolo di sovrano.
Spinto dal desiderio di conoscere il destino dei suoi possedimenti e della sua città, si rivolse all'oracolo di Delfi
Il responso dell'oracolo fu travolgente in quanto gli predisse che non solo non avrebbe avuto più figli maschi ma che un giorno sarebbe morto per mano di suo nipote, il futuro figlio di sua figlia Danae.
Il re, terrorizzato dalla profezia e pensando di ingannare il fato, pensò bene di impedire all’unica figlia di sposarsi, facendola rinchiudere in una prigione sotterranea (in un’altra versione in una torre di bronzo), facendo in modo che non avesse mai l’occasione di incontrare un uomo.
Ma si sbagliava; il suo destino era già stato stabilito dagli dèi. Infatti, nonostante queste precauzioni, Danae concepì un figlio.
Gli unni sostengono che questo bambino era nato per opera di Preto, fratello d'Acrisio, e che qui è da ricercare l'origine della disputa sorta fra i due fratelli; ma, per lo più, si racconta che il seduttore fu lo stesso Zeus.
Zeus, che non aspettava altro che dar prova della sua versatilità, si trasformò in una pioggia d'oro (vedi il mito di Danae e Zeus) che penetrando tra le inferiate della prigione, cadde sensuale sul grembo della fanciulla, possedendola con palpitante tenerezza. Da quell’incontro nascerà Perseo.
Molto spesso, questa versione del mito era invocata per simboleggiare l'onnipotenza del danaro sui cuori, tanto che apriva le porte custodite più solidamente.
Quando i vagiti del neonato giunsero alle orecchie del re, testimoniando che il temuto nipote era alla fine arrivato nonostante tutte le precauzioni, fu preso dal terrore.
Egli pensò che lo stesso Preto, per fargli dispetto, gli avesse sedotto la figlia.


Danae, Tiziano Vecellio, 1531

Non riuscendo a decidere se uccidere figlia e nipote o lasciarli vivere, il re scaraventò in mare madre e neonato chiusi in una cassa galleggiante, lasciando alla natura di decidere le modalità della morte dei due: annegati o di stenti.
Zeus, che per fortuna vegliava su di loro, chiese a Poseidone di placare onde e venti e di far impigliare la cassa nella rete di un pescatore dell’isola di Serifo.
In un’altra versione sono due Oceanine, Dori e Teti, che spingono pietosamente la cesta nelle reti.
In ogni caso, Danae e il figlio vengono raccolti da un pescatore di nome Ditti, il quale si prese cura di loro e li condusse nella propria casa, dove Perseo venne cresciuto come un figlio.
Il giovane cresceva così bello e forte che gli abitanti di Serifo cominciarono ben presto ad attribuirgli origini regali o addirittura divine.
Eccelleva negli sport e nella lotta, cresceva forte e indomito, con la mente rivolta ad imprese valorose che l’avrebbero consacrato ad una gloria da eroe.
Atena era l’ispiratrice dei suoi sogni, inducendolo a desiderare una vita piena dei rischi più impervi piuttosto che la tranquilla sicurezza ingloriosa.
Non dovette aspettare molto.
Ditti, il padre adottivo, aveva un fratello, che era poi il sovrano dell’isola, dal nome Polidette e dall’animo gretto e prepotente.
Polidette si era invaghito di Danae e voleva costringerla a diventare sua moglie.


La proposta e l'impresa di Perseo

(indice)
Danae non riteneva però che una simile persona fosse degna di chi un giorno era stata amata da un dio, e continuò a dedicarsi anima e corpo al figlio.
Polidette, astutamente, pensò bene di liberarsi dell’intralcio che proteggeva l’onore della madre, incaricando Perseo di una impresa praticamente impossibile, dalla quale anche l’uomo più ardito e provetto sarebbe difficilmente uscito vivo.
Polidette disse di aspirare alle nozze con Ippodamia per il bene del regno e, dopo aver radunato gli amici confinanti e lo stesso Perseo, annunciò i suoi propositi di nozze e chiese a tutti un regalo: da ognuno dei presenti avrebbe gradito un cavallo.
Perseo, mortificato perché non possedeva nulla di simile da donargli, affermò che se il re non avesse più insidiato sua madre Danae, gli avrebbe procurato qualunque cosa avesse chiesto.
In quel tempo uno dei pericoli maggiormente temuti erano le Gorgoni, le figlie di Forcide e Ceto, i cui nomi erano Euriale (“che salta lontano”), Stenno (“forza”) e Medusa (“sovrana”).
Atena aveva deciso di punirle per un oltraggio alla sua divina persona, così aveva trasformato i loro capelli in un nido di vipere che si torcevano continuamente in modo orribile oltre a fornirle di ali, mani di bronzo ed uno sguardo capace di pietrificare chiunque.
Euriale e Stenno erano immortali, Medusa no ed era questo il compito assegnato a Perseo: uccidere Medusa. .
La dea Atena era apparsa al giovane Perseo circonfusa di luminosa maestà, accompagnata dal fratello Ermes, e insieme avevano fatto al ragazzo alcuni doni magici, perché « Senza l’aiuto degli dei neppure l’uomo più impavido è in grado di affrontare un avversario di tal fatta» aveva detto Atena.
Ermes aveva cinto il giovane della sua spada ricurva in grado di penetrare qualunque materiale, e aveva messo ai suoi piedi i calzari alati affinché potesse spostarsi velocemente ovunque.
Dal regno di Plutone inoltre gli giungeva un elmo che rendeva invisibile chi lo indossava.
Atena gli aveva dato il suo scudo levigato, insegnandogli ad usarlo come uno specchio, così da poter colpire Medusa senza guardarla direttamente.
La dea gli aveva dato inoltre una sacca di pelle di capra dove nascondere la testa decapitata della Gorgone, avvertendolo che l’orrendo trofeo avrebbe conservato il suo potere per sempre.
Così equipaggiato partì alla volta del ghiacciaio nord, alla ricerca delle Graie, sorelle delle Gorgoni, le uniche che avrebbero potuto rivelare il nascondiglio di Medusa.
Levandosi in volo dalle rupi dell’isola di Serifo, Perseo volò spedito verso quella distesa di neve, nebbia e ghiaccio dove nessun uomo potrebbe vivere.
Qui, all’estremo limite del mare Iperboreo, trovò le tre Graie (Dino,Enio e Pefredo) addossate le une alle altre in una massa informe che si confondeva con le nevi intorno.
Coperte solo dai loro capelli grigi incrostati di brina, le tre vecchissime sorelle possedevano soltanto un occhio e un dente fra tutte e tre e, con le mani tremanti, li passavano l’una all’altra con gemiti e mormorii, alternandosi nel masticare fiocchi di neve (!) o nello scrutare attraverso le nebbie accecanti.
Indossato l’elmo, Perseo si avvicinò invisibile alle tre e con una rapida azione si impadronì del loro unico occhio mentre, allarmate dall’udire i passi che si avvicinavano, discutevano animatamente per decidere chi dovesse indossare il prezioso occhio e scoprire così quale essere osasse avventurarsi in quelle distese sperdute.
«Ditemi quale strada devo seguire per arrivare alle Gorgoni, altrimenti mi prenderò anche il vostro dente e vi lascierò morire di fame in questa distesa selvaggia».
Le Graie si abbandonarono ad orribili grida, intimando con minacce e maledizioni al misterioso invasore di restituire subito l’occhio, ma infine cedettero, borbottando vaghe indicazioni sulla strada per l’isola delle Gorgoni.
Le tre non poterono vedere Perseo dal momento che era già volato via prima che esse potessero volgere le loro deboli teste, rigide come blocchi di ghiaccio.
Volando verso sud, vide ghiacci e nebbie cedere il posto a distese verdeggianti e a fitte foreste, mentre il mare luccicava sotto un cielo luminoso.
L’aria intorno a lui si faceva più calda mentre giungeva dall’altra parte del mondo, fino ad un grande oceano.
Qui, seguendo una rotta stabilita in base alla posizione di sole e stelle, cercò l’isola che ospitava le tre sorelle, dove vivevano circondate dalle statue degli uomini e degli animali che il loro sguardo aveva trasformato in pietra.
Trovò le tre Gorgoni addormentate, con Medusa nel mezzo.
Perseo si avvicinò camminando all’indietro, con lo scudo di Atena portato nel modo suggerito dalla dea, in modo che rispecchiasse la mostruosa figura, con il groviglio di di serpi che non smettevano di muoversi nemmeno durante il sonno.
L’aspetto di Medusa era terrificante, il corpo era rivestito di scaglie ripugnanti e di piume di bronzo, gli arti terminavano con spaventosi artigli e dalla bocca semiaperta si scorgevano i denti velenosi e la lingua biforcuta da serpente.
Prendendo la mira attraverso l’immagine riflessa nello scudo, Perseo colpì e con un solo colpo staccò di netto la testa del mostro.
Dalla testa mozzata della Gorgone nacquero il cavallo alato Pegaso e il guerriero Crisaore, concepiti da Medusa nell'unione con Poseidone.
“Dal sangue materno balzarono il veloce Pegaso alato e suo fratello” [Ovidio, Metamorfos]
“E quando a lei Perseo dal collo recise la testa, il grande ne balzò Crisaore, e Pegaso” [Esiodo,Teogonia]
Perseo raccolse pure il sangue che colò dalla ferita. Questo sangue aveva proprietà magiche: quello che era colato dalla vena sinistra era un veleno mortale, mentre quello colato dalla vena destra era un rimedio capace di resuscitare i morti.
Inoltre, un solo ricciolo dei suoi capelli, mostrato a un esercito assalitore, aveva il potere di sconfiggerlo.
Quindi facendo attenzione a non incrociare lo sguardo di quella testa divelta, Perseo la ripose nella sua sacca di pelle e si levò in volo lanciando un grido di trionfo che destò le altre due Gorgoni che, trovando il corpo senza vita della sorella, dispiegarono le loro immense ali di uccelli rapaci e si gettarono verso Perseo con i loro artigli.
Ma il giovane, reso invisibile dall’elmo di Poseidone, si sottrasse alla loro furia. In fondo non c’era altro modo visto che, al contrario di Medusa, Euriale e Steno non potevano essere sconfitte da un mortale.
Alcune gocce di sangue della Gorgone colarono sulla sabbia rovente di un deserto sterminato dando vita a tutta una progenie di scorpioni e serpenti velenosi, che da allora popolano quelle distese solo apparentemente sterili.
Colonne di sabbia vorticosa si alzavano ad indicare dove le furiose Gorgoni stessero dando la caccia al giovane, ma invano poiché, protetto dall’invisibilità, il giovane volava sempre sopra di loro.


Il titano Atlante

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Forte della testa del mostro, ora nelle sue mani, si recò nella regione dell’Esperia dove regnava il titano Atlante che non aveva voluto aiutarlo nell'impresa.
Era questo molto sospettoso e diffidente nei confronti degli estranei in conseguenza di una profezia secondo la quale il suo regno sarebbe stato distrutto da uno dei figli di Zeus.
Inavvertitamente Perseo (che non sapeva della profezia) gli rivelò la sua origine divina e all’apprenderla, Atlante cercò di ucciderlo.
Il giovane, sorpreso dalla sua reazione fu costretto a difendersi in una lotta impari contro il Titano fino a che, aperta la bisaccia dove teneva la testa di Medusa, pose fine al combattimento in quanto Atlante iniziò a pietrificarsi trasformandosi in un’alta montagna.
Racconta Ovidio nelle Metamorfosi (IV 650-662):
"Gli mostrò l’orribile testa della Gorgone. Atlante si mutò quasi all’istante in un’alta montagna: boschi diventarono la sua barba e le sue chiome, cime le spalle e le braccia; quello che prima era la testa, divenne la vetta del monte; rocce divennero le ossa; cresciuto in tutte le sue parti, si ingigantì in una immensa mole …."
Narra pertanto la leggenda che da Atlante prese origine il sistema montuoso omonimo e poiché era molto alto, si affermò che Atlante reggesse sulle sue spalle la volta celeste.
Perseo, riprese il suo volo verso casa.


La liberazione di Andromeda

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Perseo e Andromeda, olio su tela di Anton Raphael Mengs, San Pietroburgo, Ermitage

Quando ebbe sorpassato le distese desertiche e le verdi rive del Nilo eccolo giungere alle terre etiopi.
Sulla spiaggia, legata saldamente con robuste catene ad una roccia scura, vide una fanciulla immobile, bruciata dal sole.
Se non fosse stato per le lacrime che le rigavano il volto, avrebbe creduto che fosse morta.
Dopo che si fu avvicinato, la ragazza affermò di essere Andromeda, e di essere stata scelta come oggetto di sacrificio per salvare l’intera nazione dall’ira degli dei a causa della avventatezza della madre .
La giovane donna, figlia del re d'Etiopia Cefeo e della sua sposa Cassiopea, scontava una colpa commessa dalla madre che stimolata dalla vanità si era dichiarata più bella delle Nereidi.
Le Nereidi (le più famose erano Anfitrite, moglie di Poseidone, e Teti, madre di Achille) erano tutte buone e carine, ma se qualcuno arrivava al punto di offenderle…
Chiesero perciò al possente Poseidone un’esemplare punizione per la presuntuosa regina.
Il dio si incollerì per il torto subito dalla moglie e dalle sue sorelle, ascoltò la loro preghiera e per prima cosa devastò le coste del paese con una spaventosa inondazione, poi aggiunse la ciliegina sulla torta con la creazione di un terrificante mostro marino che distruggeva ogni cosa ed uccideva gli abitanti dei villaggi costieri.
Il re Cefeo disorientato, si rivolse all’oracolo del dio Ammone, che “esercitava” sulle rive libanesi, il quale suggerì l’unico rimedio possibile: il sacrificio della giovane figlia Andromeda.
Ma ecco che il mostro sorse dagli abissi marini e Perseo, turbato dalla bellezza della fanciulla non meno che dal suo dolore, decise di interrompere il sacrificio.
Rivolgendosi ai genitori, si offrì di mutare il destino della fanciulla, combattendo il mostro per mettere quindi fine alla maledizione in cambio della mano d'Andromeda.
"Io libererò vostra figlia se da voi otterrò di averla in sposa". I genitori non solo concessero al forte uomo il matrimonio ma anche il loro regno.
Il mostro avanzava tagliando le onde come una veloce imbarcazione. “Ecco come la nave dal rostro sporgente, mossa dai muscoli tesi di giovani marinai scivola veloce sull’acqua, così il mostro fendendo le onde con l’urto del petto…” [Ovidio, Metamorfosi]
Perseo appoggiò il sacco contenente la testa di Medusa e il sangue giunse su alcuni ciuffi di alghe, pietrificandoli all’istante in rami di corallo, quindi si alzò in volo e scendendo in picchiata come una maestosa aquila perforò il gigantesco collo con la sua lama.
Il mostro ruggente si dimenò, cercando di liberarsi, di catturarlo, di dilaniarlo tra le sue fauci ma la lama tornò ad infierire.
Quando la lotta fu terminata, Cefeo e la sconsiderata Cassiopea scesero alla spiaggia per vedere cosa era accaduto.
Qui trovarono Andromeda spaventata ma incolume, e Perseo che ripuliva la spada e il corpo del mostro che affiorava dalle acque arrossate dal suo sangue.



* Perseus and Andromeda (1679) di Pierre Mignard (1612-1695), olio su tela, 150 x 198 cm, Museo del Louvre, Paris.


Perseo, prima di lasciare il luogo della lotta innalzò tre altari uno ad Ermes, uno ad Atena ed uno a Zeus e dopo aver fatto ciò con Andromeda, il re Cefeo, Cassiopea e tutto il popolo che aveva assistito alla lotta, si incamminò verso la reggia dove si diede subito inizio al banchetto nuziale tra Perseo e Andromeda, in un clima di grande allegria.
Ma il banchetto di nozze venne interrotto da un fragore di armi: nella sala fece irruzione Fineo, precedente promesso sposo di Andromeda, spalleggiato da un gruppo di guerrieri.
Affermando che uno straniero non poteva sposare la principessa, fu sostenuto anche da molti convitati e da Cassiopea che non gradiva Perseo come genero.
Fineo scagliò la sua lancia, che si conficcò vibrando vicino a Perseo, il quale si era lanciato a difendere la sposa con il suo scudo.
In pochi minuti il salone si trasformò in un campo di battaglia e i canti nuziali lasciarono il posto al clangore delle armi, e invece che lo scorrere del vino ecco il sangue.
Gli uomini e gli spalleggiatori di Fineo erano così numerosi che i fedeli del re riuscivano a stento a tenerli a bada.
Fino a che Perseo: «Che tutti gli amici distolgano lo sguardo»
Con questo avvertimento estrasse dalla sacca la testa di Medusa e tutti i nemici vennero mutati in pietra nelle stesse posizioni in cui erano stati sorpresi: chi brandendo la spada, chi lanciando una freccia e chi, come Fineo, chiedendo pietà in ginocchio.
Cassiopea divenne una statua inerte come gli altri nemici. Dopo questo, nessuno più disturbò il banchetto nuziale.


La vendetta di Perseo a Serifo e il ritorno ad Argo

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Perseo e Andromeda lasciarono il regno di Cefeo e tornarono a Serifo, giusto in tempo per scoprire che la situazione di Danae era notevolmente peggiorata: Polidette aveva continuato a perseguitarla con le sue malefiche richieste di matrimonio, tanto da averla costretta a rifugiarsi nel tempio di Atena.
Appena venuto a conoscenza di tali cose, Perseo letteralmente infuriato cercò il tiranno e lo trovò ubriaco nel bel mezzo di un festino insieme agli ubriaconi del suo seguito.
«Bentornato! Credevamo di non rivederti più! Hai con te la testa della Gorgone?» fu l’astiosa accoglienza di Polidette.
Come risposta Perseo mostrò il sanguinante trofeo, che immediatamente mutò i suoi dileggiatori in statue di pietra.
Il figlio di Danae consegnò l’isola all’assennato Ditti, poi restituì i magici amuleti agli dei, donando la testa di Medusa alla dea che lo aveva aiutato, Atena, affinché la mettesse come borchia sul suo scudo scintillante e servisse come una sorta di baluardo per la protezione degli innocenti dai sopprusi perpetrati ai loro danni.
Ora che Polidette era morto, madre e figlio potevano finalmente fare ritorno alla loro terra natale, Argo, per riconciliarsi con re Acriso, verso il quale gli anni avevano oramai cancellato il risentimento.
Acrisio, che mai aveva dimenticato l’antica profezia, aveva seguito con sgomento le voci che parlavano del nipote e delle sue imprese eroiche, e quando seppe che stava arrivando ad Argo, pensò bene di fuggire a Larissa, in Tessaglia.
Ma Perseo lo cercava non con astiose intenzioni malvagie ma per poter conoscere ed abbracciare l’unico parente vivente, insieme alla madre, che avesse al mondo.


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Il giovane giunse a Larissa nel corso di una gara di giochi sportivi indetta dal re del luogo, alla quale Acrisio assisteva come spettatore.
Perseo decise di cimentarsi nelle gare e primeggiò facilmente sugli altri concorrenti, rendendo il proprio nome famoso nella città, tanto che giunse anche alle orecchie di Acrisio, che nuovamente terrorizzato si nascose.
Ma il fato inevitabile era in agguato: durante la gara di lancio del disco si alzò repentino un forte vento proprio nel momento del lancio di Perseo, vento che fu sufficiente a deviare l’anello in direzione di Acrisio.
L’urto fu tanto violento che uccise il vecchio re.
Con profondo dolore Perseo apprese di aver ucciso il proprio nonno e, dopo aver provveduto al seppellimento del corpo ed essersi lui stesso purificato con adeguati rituali dalla sua involontaria colpa, fece ritorno ad Argo, prendendo il posto che legittimamente gli spettava.
Di lì a poco fece in modo di barattare i suoi possedimenti con il vicino regno di Tirinto, e fondò in quella regione la grande città di Micene.
Negli anni che seguirono Perseo regnò in pace e con saggezza fino alla fine dei suoi giorni, fondando tra l’altro il regno di Micene così chiamato perchè un giorno potè dissetarsi presso un ruscello che era sgorgato miracolosamente da un fungo (mycos = fungo).
Perseo ed Andromeda ebbero molti figli tra cui i più famosi furono Alceo che ebbe come figlio Anfitrione la cui moglie Alcmena ebbe da Zeus, il mitico Eracle; Elettrione, Stenelo e Gorgofone.
Alla morte di Perseo, la dea Atena, per onorare la sua gloria, lo trasformò in una costellazione cui pose affianco la sua amata Andromeda e la madre Cassiopea la cui vanità aveva fatto si che i due giovani si incontrassero.
Ancor oggi, alzando lo sguardo verso il cielo, possiamo ammirare le tre costellazioni a ricordo della loro vita e soprattutto del grande amore dei due giovani.


Significato del mito
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Il messaggio che ci trasmette il mito è che, per non soccombere rispetto all’energia pietrificante che coagula(quella sessuale) e alle paure inconsce, non bisogna lottare direttamente (Perseo non deve incrociare lo sguardo di Medusa) ma serve la riflessione (il riflesso dello specchio), la conoscenza della natura superiore ed inferiore (Jung direbbe l’ombra) e così possono essere superate le prove per liberare infine sé stessi: il Pegaso alato.
I miti anche oggi sono presenti dappertutto nella vita quotidiana, si pensi ad esempio che il Pegaso alato è lo stemma della Regione Toscana: "Pegaso è il protagonista – insieme a Perseo e Bellerofonte – di uno dei miti più amati e longevi della civiltà occidentale.
Pegaso insieme agli altri due personaggi rappresenta l’eroe che costruisce la pace, combatte il caos e il male e propone valori positivi".
Il cavallo alato aiutò Perseo a liberare Andromeda da un mostro marino, fu determinante anche nell’impresa di Bellerofonte contro la Chimera.
Alla fine delle sue vicende, Pegaso si trasforma nell’omonima costellazione.
Mentre nel mito greco la figura del cavallo alato è espressa attraverso Pegaso, nella cultura orientale, la stessa figura si ritrova nell’immagine dell’ippogrifo.
Benvenuto Cellini ha lasciato un ritratto della Gorgona nel famoso bronzo del Perseo che si ammira a Firenze, nella Loggia dei Lanzi.
Dante Alighieri nel IX canto dell’inferno (51-57) si esprime così: " Volgiti indietro, e tien lo viso chiuso: che se il Gorgon si mostra, e tu il vedessi, nulla sarebbe del tornar mai suso".


Altre versioni
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Una figura mitologica che porta il nome di Perseo è un figlio di Nestore, l'anziano re di Pilo.
Secondo altri, invece, Perseo sarebbe figlio di Poseidone, fratello di Zeus.
Secondo altri, ancora, nel mito è completamente assente la presenza delle Ninfe.
I doni sarebbero quindi stati dati direttamente da Atena e da Ermes, compresi lo scudo levigato della prima e i calzari volanti del secondo.
Infatti è proprio Ermes che è solito, come messaggero degli dei, indossare calzari con ali che permettano di volare in modo straordinariamente veloce.
Altre versioni raffigurano l'elemento dell'invisibilità come una cappa, e non come un elmo.
Secondo alcuni le ninfe sono le Naiadi.


Astronomia
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La costellazione del Perseo ci mostra l’eroe mentre tiene in mano la testa recisa di Medusa, rappresentata dalla stella Algol.
Vicino a g (gamma) si trova il radiante delle meteore Perseidi, la più conosciuta pioggia meteorica dell’anno, intorno al 12 agosto.
Tra a (alfa) e b (beta) si trova la radiosorgente Perseus A, associata alla galassia ellittica supergigante NGC 1275, che si trova al centro dell’ammasso di galassie di Perseo, distante 300 milioni di anni luce.
In Perseo si trova anche NGC 1499, meglio conosciuta come “nebulosa California”, vista la somiglianza al profilo di questo stato.
È una nebulosa a emissione posta a nord di x (xi) che probabilmente la illumina.
Le 4 stelle che ne compongono la testa (b, p, r, w, Persei) e che sono dette Gorgoneio, sono assorbite dalla Via Lattea.
La più brillante è sicuramente b (beta), detta comunemente Caput Medusae o Algol.

b Persei, Algol, distante da noi 95 anni luce, è la più celebre stella variabile del cielo.
È una stella binaria a eclisse, in cui due stelle vicine si eclissano periodicamente l’un l’altra mentre orbitano attorno ad un baricentro comune.
Le eclissi si verificano ogni 2,87 giorni e la magnitudine varia rapidamente da 2,2 a 3,5 per un periodo di dieci ore, prima di tornare al suo massimo.
Questo fenomeno fu scoperto da Montanari alla fine del XVII secolo, dimostrato poi da John Goodricke jr. nel 1782 e riaffermato nei 1880 da Pickering.
La rapidità dell’azione dello sguardo e i bagliori degli occhi spalancati di Medusa potrebbero essere spiegati proprio dalle rapide variazioni di luminosità di Algol.


Meteorologia
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Il mito greco, oltre che semplice racconto tramandato e magari ingigantito nel tempo, può essere anche interpretato in chiave meteorologica, dove le Gorgoni impersonificherebbero le nubi della tempesta provenienti da nord.
L’unione di Medusa, nube della tempesta, con il dio del mare Poseidone, potrebbe raffigurare un terribile maremoto o una tempesta particolarmente furiosa.
La successiva vittoria di Perseo indicherebbe il prevalere dell’eroe solare che uccide il demone della folgore e della tempesta (la calma dopo la tempesta).
Gli antichi credevano che la folgore pietrificasse e in diversi scritti cabalistici le pietre che recano incisa la testa di Medusa hanno un valore apotropaico (dal greco aprotrópaios, allontanante ) contro la folgore, la tempesta e gli attacchi dei demoni.
Si diceva che la città dell’Arcadia Tegea fosse imprendibile da quando era protetta da una ciocca di capelli di Medusa (E i serpenti?).
E come sempre in ogni leggenda regna la dualità: buono e cattivo convivono, ogni goccia del sangue della Gorgone fu capace di uccidere o di guarire, creare o distruggere.
Anticamente i nomadi libici chiamavano Gorgone un animale simile ad un montone selvatico, la cui chioma scendeva dalla fronte a coprire gli occhi, ma il cui sguardo poteva uccidere chiunque avesse guardato.
Algol, la stella principale della costellazione del Perseo, è presente in molte tradizioni popolari e sempre con la stessa valenza negativa.
Se nella tradizione greca Algol è la testa della Medusa, gli arabi la chiamano al-Ghûl, quindi “lo spirito maligno”, “ il demone”.
Per Enoch, il patriarca biblico figlio di Iared e discendente di Set, questa stella è una testa umana dalla lunga barba, quindi non una testa femminile, con il collo macchiato di sangue.
Una leggenda magrebina (termine che derviva dall’arabo al-Maghrib e indica la maggior parte dell’Africa settentrionale) narra che Algol non è altro che una lampada che Fiore d’Amore ( Naûrat ash-shaq ), adorata e bellissima schiava dell’Orco al-Gol, aveva collocato nell’abbaino della sua caverna su consiglio di Perseo, suo fedele amante.
L’Orco amava la ragazza che però, nonostante i doni e le carezze, non cedeva.
Fiore d’Amore gli faceva credere che la luce della lampada brillava solo per guidarlo nell’oscurità della notte, quando si accingeva a tornare dalla caccia, e che l’avrebbe smorzata poco a poco quando fosse entrato nella caverna.
Quando la giovane innamorata vedeva tornare dalla caccia al-Gol, copriva successivamente con più veli la lanterna, fino ad eclissarla.
La mancanza di luce avvertiva Perseo che l’Orco era in casa.
Ma quando partiva, i veli venivano tolti uno ad uno per indicare via libera e i due amanti potevano di nuovo incontrarsi.
Ma un giorno i due giovani furono sorpresi dal cacciatore, che li assalì e uccise la fanciulla ma fu a sua volta ucciso e decapitato da Perseo.
Da allora, in cielo, l’eroe tiene nella mano, trattenuta per i capelli, la testa del mostro.
E a perenne ricordo della sua amata, Perseo continua ad eclissare e a ravvivare la lanterna.

Nell’antica Cina, durante l’autunno, si eseguivano i processi e le sentenze capitali e i corpi dei criminali venivano gettati in una grande fossa comune poiché, essendo condannati a morte per supplizio e mutilazione, i loro corpi non potevano essere accolti all’interno dei cimiteri consacrati.
Le costellazioni orientali erano completamente diverse da quelle che conosciamo sia come forma che come nome e l’asterismo composto dalle stelle k (kappa), 30, 32, w (omega), r (rho), 24, 17, 15 della figura del Perseo, contrassegnato nella sfera cinese da otto stelle rosse, ha nome Ta-ling, “la grande fossa”.
Se appare chiara e se molte stelle sono visibili al suo centro, vi saranno molti morti tra i feudatari, molte malattie e insurrezioni.
Se sono visibili piccole stelle al suo centro, è indice di rincaro dei cereali e di malattie pestilenziali.
Al centro di Ta-ling, nella sfera cinese è segnata una stella nera, che rappresenta da sola un asterisma, Tsì-chi, “i cadaveri ammucchiati” e corrisponde proprio alla nostra Algol.
Essa rappresenta i cadaveri gettati nella fossa comune e se essa è chiara, i morti saranno numerosi come i granelli di sabbia.


Persiani
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Erodoto ci informa che un tempo i Persiani erano chiamati dai Greci Cefeni, mentre essi denominavano se stessi Artei (dal vocabolo persiano arta, “superiorità”, da cui i numerosi prefissi di nomi persiani come Artaserse, Artafrene,…).
Quando Perseo sposò Andromeda, ne ebbe un figlio (il primo, poiché la coppia fu molto prolifica, con un totale di sette figli) che fu chiamato Perse.
Da Perse presero il nome i Persiani.


Perseo nell'arte
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Perseo è raffigurato come un giovane completamente armato o con un abito corto che tiene in mano una spada ricurva, dono di Ermes; talvolta indossa calzari alati o viene raffigurato in sella al cavallo Pegaso.
Perseo è stato rappresentato dall'arte greca come un giovane con calzari alati, spesso con la testa della Gorgone in mano o nella bisaccia, e così compare in pitture vascolari, in rilievi marmorei o fittili, in specchi etruschi e in pitture pompeiane.
* Perseo con la testa di Medusa (1545-54), statua bronzea di Benvenuto Cellini, esposta sotto la Loggia dei Lanzi a Firenze;
Tra le altre opere d'arte più importanti si ricordano:
* Perseo libera Andromeda, (1622), dipinto di Pieter Paul Rubens;
* Perseo uccide Medusa sotto gli occhi di Atena, (540 a.C.), metopa da Selinunte, Museo Archeologico di Palermo;
* Perseo trionfante (1797-1801), statua in marmo di Antonio Canova, che si trova nei Musei Vaticani a Roma.
* Testa di Medusa, Bernini, Musei Capitoli (Appartamento dei Conservatori, Sala delle Oche), Roma, Italia
* Un'intera serie dedicata al mito di Perseo del Preraffaellita Edward Burne-Jones
* Perseo e Andromeda, olio su tela di Anton Raphael Mengs, San Pietroburgo, Ermitage
* Danae e Perseo rinchiusi nella cassa, 1862, olio su tela 84 x 130 cm., di John William Waterhouse
* Andromeda incatenata, dipinto di Gustave Doré
* Perseus and Andromeda (1679) di Pierre Mignard (1612-1695), olio su tela, 150 x 198 cm, Museo del Louvre, Paris.
* Metamorfosi di Ovidio: Il re Cefeo e Cassiopea ringraziano Perseo per la liberazione della figlia, La Délivrance d'Andromède (1679) Pierre Mignard, Louvre
* Perseo e Andromeda, pittura parietale da Pompei, I sec. Napoli, Museo Arch. Nazionale
* Perseo, Surwar al-Kavahib al-Thabita Parigi, Biblioteca nazionale (Ms Arabe 5036)